Ordinanza n. 106 del 2023

ORDINANZA N. 106

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 67, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione (UE) n. 404/2011, della Commissione, dell’8 aprile 2011, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, promosso dal Giudice di pace di Mantova nel procedimento vertente tra Coop Alleanza 3.0 società cooperativa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti − Capitaneria di porto di Chioggia, con ordinanza del 22 febbraio 2022, iscritta al n. 120 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2022, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 10 maggio 2023.

Visti l’atto di costituzione di Coop Alleanza 3.0 società cooperativa, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 maggio 2023 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;

deliberato nella camera di consiglio dell’11 maggio 2023.

Ritenuto che il Giudice di pace di Mantova, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 67, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione (UE) n. 404/2011, della Commissione, dell’8 aprile 2011, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, per violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione;

che il giudice a quo riferisce di essere chiamato a decidere due ricorsi, successivamente riuniti, avverso ordinanze ingiunzioni emesse dalla Capitaneria di porto di Chioggia, con le quali «veniva contestata la violazione dell’art. 58 Reg. CE n° 1224 del 22.11.2009 e art. 10 comma 1 lett. Z del D. Lgs. N° 4 del 9.1.2012, sanzionato dall’art. 11 comma 4 dello stesso decreto»;

che, in particolare, al ricorrente era stato contestato di non aver offerto le informazioni obbligatorie concernenti «numero di partita peschereccio, data di cattura, codice alpha fao della specie, nome e numero del peschereccio» di alcune specie ittiche offerte alla vendita;

che il ricorrente, il quale avrebbe fornito dette informazioni «nei tempi normalmente occorrenti», contesta che la dizione «in qualsiasi momento» di cui all’art. 67, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione n. 404/2011/UE possa intendersi quale «contestualità e/o immediatezza»;

che in tale ultimo senso, invece, è interpretata dall’opposta Capitaneria di porto, in quanto le informazioni relative ai prodotti della pesca e acquacoltura di cui all’art. 58, paragrafo 5, del regolamento del Consiglio n. 1224/2009, del 20 novembre 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca – richiamato dalla disposizione censurata – «devono accompagnare fisicamente le partite» ed essere immediatamente disponibili;

che il giudice rimettente ritiene che detta espressione «non possa essere liberamente interpretata dalla Autorità preposta ai controlli […] ma debba essere applicata al caso concreto senza lasciare l’individuazione e l’interpretazione del lasso temporale» all’agente che effettua il controllo;

che, d’altra parte, le informazioni richieste «possono essere comunque ricavabili agevolmente ed acquisite attraverso gli altri soggetti partecipanti alla filiera»;

che, osserva ancora il giudice a quo, lo scopo della normativa dell’Unione europea – garantire lo sfruttamento delle risorse acquatiche viventi in condizioni sostenibili dal punto di vista socioeconomico e ambientale – non può «esser disgiunto dal principio di ragionevolezza, cui ci si deve attenere per valutare la proporzionalità, l’adeguatezza, l’equilibrio del mezzo o della misura applicati rispetto al fine perseguito»;

che dunque, «[c]onsiderata l’assoluta rilevanza della questione nel giudizio a quo e la non manifesta infondatezza», il giudice rimettente solleva questione di legittimità costituzionale, per irragionevolezza, del citato art. 67, paragrafo 5, «con particolare riferimento alla dicitura “in qualsiasi momento”» e, in subordine, intende «ottenere una interpretazione autentica di tale dicitura»;

che con atto depositato il 14 novembre 2022, si è costituita in giudizio Coop Alleanza 3.0 società cooperativa, parte nel giudizio a quo;

che la parte, dopo avere precisato che «[l]e informazioni richieste dalla Capitaneria di Porto sono state comunque fornite, ma non all’atto dell’ispezione», osserva che, ai sensi dell’art. 58 del regolamento (CE) n. 1224/2009, le informazioni di cui è causa sono «messe a disposizione delle autorità competenti che le richiedano» e che il censurato art. 67, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione n. 404/2011/UE dispone che dette informazioni siano immediatamente disponibili;

che la violazione di tale obbligo è sanzionata dagli artt. 10 e 11 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4 (Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell’articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96);

che, in ragione del fatto che la mancanza d’immediata disponibilità è sanzionata dalla normativa nazionale, questa Corte sarebbe «competente a decidere della questione per via del combinato disposto della normativa, che la rende nazionale per il richiamo alla sanzione»;

che, tutto ciò premesso, secondo la difesa della parte sarebbe «di intuitiva evidenza che la dizione “in qualsiasi momento” può prestarsi a possibili abusi da parte dell’Autorità preposta alla vigilanza» e che, dunque, debba essere dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma censurata «per violazione del principio di ragionevolezza e del buon operato della Pubblica Amministrazione» o, in subordine, debba essere rimessa la medesima questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea;

che, con atto depositato il 14 novembre 2022, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;

che, secondo l’interveniente, la questione sollevata sarebbe inammissibile;

che, infatti, oltre a non avere chiaramente indicato i parametri costituzionali in assunto violati, il rimettente avrebbe censurato una disposizione «contenuta in un atto normativo non riferibile all’ordinamento giuridico nazionale, ma a quello comunitario», come tale non sindacabile da questa Corte ai sensi dell’art. 134 Cost.;

che, infatti, il controllo di legittimità degli atti normativi dell’Unione europea potrebbe essere effettuato soltanto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, salvo che vengano in gioco i cosiddetti controlimiti (è citata la sentenza n. 269 del 2017);

che il giudice a quo, tuttavia, non ha prospettato «una violazione di princìpi fondamentali dell’ordinamento costituzionale nazionale o di diritti inalienabili della persona umana», sicché «superflua appare ogni considerazione nel merito della doglianza»;

che, in data 19 aprile 2023, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria illustrativa con la quale ha insistito per l’inammissibilità della questione e ha chiesto, in subordine, che la stessa sia dichiarata non fondata;

che la difesa dell’interveniente osserva che la ratio della normativa comunitaria in materia è quella di delineare «un sistema di controlli articolato e penetrante che deve presidiare sia l’interesse al conseguimento degli scopi della Politica Comune della Pesca (PCP) sia quello alla sicurezza alimentare», come emergerebbe dai Considerato, numeri 1, 2 e 28, del regolamento (CE) n. 1224/2009;

che le vicende concrete, richiamate con l’indicazione di ampio stralcio del verbale di accertamento dell’illecito amministrativo contestato nel giudizio principale, dimostrerebbero come non sia possibile, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo, «ricavare agevolmente le informazioni attraverso gli altri soggetti partecipanti alla filiera»;

che, pertanto, il giudice a quo avrebbe «travalica[to] la norma, finanche stravolgendola e addossando ai soggetti accertatori obblighi […] non ricavabili dal complesso delle pertinenti norme»;

che, d’altra parte, la dicitura «in qualsiasi momento» implicherebbe soltanto che le informazioni debbono essere prontamente reperibili, in modo da essere presentate al personale che effettua il controllo «entro il termine delle procedure di accertamento»;

che a seguire il ragionamento del giudice rimettente, invece, si frustrerebbe l’efficace espletamento dei controlli e si consentirebbe al soggetto controllato di «decidere se e quando mettere a disposizione degli accertatori le informazioni la cui ostensione presidia» gli interessi pubblici di cui si è detto;

che, in data 20 aprile 2023, anche la parte ha depositato una memoria illustrativa, in replica alle difese del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato che il Giudice di pace di Mantova, con l’ordinanza in epigrafe, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 67, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione n. 404/2011/UE, della Commissione, per violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.;

che questa Corte ha già escluso che i regolamenti dell’Unione europea possano essere sottoposti al sindacato di legittimità costituzionale, «atteso che l’art. 134 della Costituzione riguarda soltanto il controllo di costituzionalità nei confronti delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni, e tali […] non sono i regolamenti comunitari» (sentenza n. 183 del 1973);

che i regolamenti dell’Unione europea sono atti normativi che, se pure «vengono a ricevere, ai sensi degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., diretta applicazione nel territorio italiano» (sentenza n. 125 del 2009), non sono imputabili né allo Stato né alle regioni;

che ciò non significa, peraltro, che l’intero settore dei rapporti fra diritto dell’Unione europea e diritto nazionale sia sottratto alla competenza di questa Corte (sentenza n. 170 del 1984);

che condizione per l’applicazione del diritto dell’Unione europea in Italia è «l’osservanza dei princìpi supremi dell’ordine costituzionale italiano e dei diritti inalienabili della persona» (ordinanza n. 24 del 2017);

che, tuttavia, ove mai un giudice ritenesse che si sia verificata l’ipotesi, «sommamente improbabile» (sentenza n. 232 del 1989), d’inosservanza di tali princìpi supremi e diritti inalienabili, il relativo dubbio di legittimità costituzionale dovrebbe vertere non sulla fonte del diritto dell’Unione europea ma sulla «legge nazionale che ha autorizzato la ratifica e resi esecutivi i Trattati, per la sola parte in cui essa consente che quell’ipotesi normativa si realizzi» (ordinanza n. 24 del 2017; in termini analoghi sentenze n. 115 del 2018, n. 509 del 1995, n. 232 del 1989, n. 170 del 1984 e n. 183 del 1973; ordinanza n. 536 del 1995);

che neppure può essere accolta la richiesta formulata dal rimettente in via subordinata: non compete a questa Corte interpretare la normativa dell’Unione europea (ordinanza n. 536 del 1995), potendo, invece, «il giudice nazionale investito della relativa applicazione […] giovarsi dell’ausilio che gli offre lo strumento della questione pregiudiziale di interpretazione» (sentenza n. 170 del 1984) da proporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice di pace di Mantova deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 11, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 67, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione (UE) n. 404/2011, della Commissione, dell’8 aprile 2011, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice di pace di Mantova con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 maggio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2023.